CITTADINANZA ITALIANA AI CONIUGI IRACHENI NAJJAR: «NOI, CRISTIANI PERSEGUITATI, A ZELO BUON PERSICO ABBIAMO UNA NUOVA VITA»
(Zelo Buon Persico, 10 gennaio 2024)
Hanno giurato fedeltà alla Costituzione della Repubblica italiana, davanti al sindaco di Zelo Buon Persico Angelo Madonini: da martedì 9 gennaio, Jamal Dauod Nasir Bolis Najjar e la consorte Raida George Poulis Najjar sono ufficialmente cittadini italiani.
Sono nati in Iraq, a Baghdad, rispettivamente il 1° luglio 1952 e il 21 maggio 1955. Dal 2005, due anni dopo la caduta di Saddam Hussein, hanno subito l’ondata di persecuzioni messe in atto dai radicali islamici, in particolare sciiti, contro i cristiani. I coniugi zelaschi appartengono infatti alla confessione cattolica caldea, nata dalla Chiesa d’Oriente, fondata nel primo secolo dall’apostolo San Tommaso. Nel 2008 sono fuggiti dalla loro città d’origine e da quell’anno abitano a Zelo Buon Persico.
«Una vicenda umana profondamente toccante quella dei nostri concittadini, che hanno superato momenti terribili nel loro Paese, vittime di discriminazioni e soprusi, trovando tuttavia la forza di abbandonare la casa e gli affetti per cominciare una nuova vita in Italia e ripartire da zero - ha dichiarato il sindaco Madonini -. Gli siamo grati per questa prova di fede, coraggio e umiltà e per la disponibilità sempre dimostrata verso la nostra comunità in cui i signori Najjar si sono integrati svolgendo diverse attività di volontariato. Il signor Bolis Najjar ha lavorato per il servizio di trasporto disabili del nostro comune e per il trasporto degli studenti, prima come autista di scuolabus e poi come accompagnatore dei bambini. La loro storia merita di essere raccontata, è una testimonianza preziosa che ci permette di conoscere e comprendere il nostro recente passato».
Prima della fuga, Bolis Najjar, insieme alla moglie, viveva in un quartiere agiato del centro storico di Baghdad. Sotto la dittatura di Hussein ricopriva il delicato ruolo di interprete per il governo, viaggiando per le ambasciate di tutto il mondo. Non ha mai lavorato alle dipendenze dirette del rais, ma ha collaborato con diversi ministri, tra cui Tareq Aziz, cristiano caldeo, considerato da molti il “volto umano” del regime. La sua famiglia è legata per tradizione alla Chiesa caldea, tanto che il penultimo patriarca Emmanuel III Delly era cugino della madre di Najjar.
«Nel 2005 i miliziani hanno cominciato a perseguitarci. Scrivevano sui muri della nostra casa, intimandoci di andarcene - racconta Bolis Najjar -. Per dieci giorni hanno sparato giorno e notte contro l’abitazione per costringerci a lasciarla, impedendoci di fatto di uscire perché il fuoco era ininterrotto». Ma le angherie sono state anche peggiori: «Siamo certi che la madre di mia moglie sia morta per avvelenamento, dopo che in ospedale era stata riconosciuta come cristiana. Abbiamo perso tutto e dovuto ricominciare in Italia».
Per Bolis e la moglie ottenere la cittadinanza italiana, dopo tanto dolore, è stato il coronamento di un lungo e difficile percorso: «Questo è il giorno più bello della nostra vita», commenta, mentre ribadisce con orgoglio la sua appartenenza alla comunità zelasca: «La nostra porta è sempre aperta per qualunque necessità e per chiunque abbia bisogno».