Zelo Buon Persico feudale
Per sostenere le guerre che periodicamente dissanguavano le casse dello stato, il governo spagnolo era sempre alla ricerca di soldi; e siccome non era molto efficiente nella amministrazione, aveva trovato la maniera di appaltare tutto: dazi, dogane, il monopolio del sale, quello dei tabacchi, della polvere da sparo, le poste, i trasporti.
I soldi però non bastavano mai, e il governo cominciò a praticare la vendita dei feudi: in 150 anni (dal 1554 al 1706) gli spagnoli vendettero nel Ducato di Milano ben 276 feudi.
Il nuovo sistema feudale non aveva però niente a che vedere con quello medioevale: là il feudatario era proprietario dei terreni del suo feudo, aveva diritto di vita e di morte sui suoi sudditi, aveva l'obbligo di fornire soldati e schierarsi in guerra col sovrano; qui il potere del feudatario era ormai svuotato di contenuti, e si riduceva quasi solo al titolo onorifico; il titolare del feudo poteva benissimo non possedere neanche un podere nel suo territorio aveva però il titolo di marchese o di conte, a seconda dell'estensione del feudo, e il diritto di giudicare i sudditi.
In realtà poteva giudicare solo i rurali e nelle questioni minori, perché le cause importanti e quelle in cui era coinvolto un cittadino erano demandate al giudice della città.
Chi voleva comprare un feudo doveva partecipare ad un'asta fatta dal Governo, e il prezzo base era commisurato al numero dei fuochi, cioè delle famiglie, ed al numero e al valore degli eventuali privilegi collegati.
Versata la somma pattuita, il neo conte o marchese doveva prestare giuramento di fedeltà al re e al governatore, e doveva ripeterlo ad ogni successione.
A sua volta il feudatario, al momento dell'investitura, raccoglieva il giuramento di fedeltà da parte dei suoi sudditi.
Il titolo era trasmissibile solo per linea maschile: alla morte del titolare, in mancanza di figli maschi, il feudo tornava allo stato, e veniva rimesso all'asta.
Una comunità poteca opporsi all'infeudazione ma solo nel caso che fosse pronta a pagare, con grave sacrificio finanziario, il prezzo della propria libertà: questo fatto si chiamava "redenzione".
Il demanio concedeva però alle comunità che volevano redimersi un anno di tempo, e in genere il prezzo da pagare per la redenzione era inferiore di 1/3 rispetto a quello dell'avviso d'asta.
Prima di un'asta, il governo mandava un avvocato fiscale a fare quella che si chiamava l'apprensione del feudo, cioè la presa di conoscenza di tutti gli elementi che potevano concorrere a definire il valore base dell'asta.
Nel 1538 il governo spagnolo vende il feudo di Paullo e terre unite ad Antonio Carcassola il feudo comprende 7 comunità: Paullo, Bisnate, Zelo Buon Persico,Marzano,Quartiano,Cervignano Mulazzano.
Otto anni dopo (13 agosto 1346) il feudo stesso viene rivenduto a Simone Tassi, cui era stato promesso due anni prima nientemeno che dall'imperatore Carlo V.
I Tassi erano un'illustre casata, originaria di Cornello in Val Brembana, e avevano la signoria della valle di Cornello e delle vicine montagne.
Cominciarono ad esercitare nel Bergamasco l'ufficio di corriere, ma ben presto la famiglia si estese in diversi paesi, specializzandosi nell'organizzare il servizio postale.
Già nel 1496 si trova un Tassi "Maestro delle Poste" per i collegamenti tra il Ducato di Milano e la Corte dell'Imperatore Massimiliano.
Nel 1332, per ordine di Carlo V, Simone Tassi fu nominato Mastro delle Poste di Sua Maestà Cesarea a Milano, ma anche i fratelli di Simone, nel XVI secolo, divennero responsabili dei servizi postali in tutta Europa, contemporaneamente a Venezia, a Roma, in Austria, in Spagna e nelle Fiandre, e trasmisero queste cariche ai loro discendenti.
Inizialmente la posta così organizzata era esclusivamente un servizio di Stato, ma ben presto i Tassi cominciarono ad accettare lettere e pacchi di persone private, nonostante il divieto in proposito: così si spiega il segreto degli enormi guadagni di questa famiglia che, usufruendo di una organizzazione pagata dallo Stato, godevano anche i proventi del servizio pubblico.
I servizi postali erano esplicati da corrieri a cavallo, ma anche da diligenze, che potevano trasportare anche viaggiatori.
Fino al 1673 il feudo comprendente Zelo Buon persico rimane per discendenza al marchese Antonio Tassi, alla morte del marchese avvenuta nello stesso anno senza discendenti maschi il feudo torna di proprietà del governo, che fa una nuova "apprensione", per poterlo rimettere all'asta.
Purtroppo i documenti relativi al feudo successivi al 1673 non ci sono più: all'Archivio di Stato di Milano il raccoglitore che doveva raggrupparli risulta vuoto. Possiamo solo ricostruire, con alcuni dubbi, la storia successiva del feudo, sulla base di un elenco - questo è rimasto - dei documenti scomparsi.
Il feudo sarebbe stato rilasciato nel 1674 ad un ramo laterale della famiglia Tassi, passando ad un marchese PierFrancesco, poi a un marchese Michele (1687) diventato poi Principe nel 1702, e infine al Principe Antonio Della Torre Tassi.
Settecentesca chiesa di Zelo Buon Persico