Miti e Leggende

Ultima modifica 24 aprile 2021

Quel ramo del lago Gerundo

Il Lago Gerundo è protagonista della storia e delle leggende del Lodigiano, del Bergamasco e del Cremonese, territori che nel medioevo erano sott'acqua

Draghi, eroi e misteri: il Lago Gerundo è protagonista della storia e delle leggende del Lodigiano, del Bergamasco e del Cremonese, perché era così vasto da ricoprire con le sue paludi buona parte di questi territori. Tra le leggende più diffuse, quella di Tarantasio il drago.

Uno dei racconti lo vuole ucciso da Azzone, il primo dei Visconti: «Per questo, secondo alcuni, sullo stemma del casato c'è un enorme biscione che mangia un bambino», spiega lo studioso Valerio Ferrari. Altre trame raccontano che ad annientare la bestia fosse stato San Cristoforo: «A Lodi, nella chiesa intitolata al santo — aggiunge Ferrari — c'era appesa una costola ritenuta del drago». Infatti, queste storie sono nate da oggetti ritenuti strani o da fatti inspiegabili per gli uomini del tempo.Proprio come «alcuni resti animali — spiega Damiana Tentoni, responsabile del museo di Pizzighettone —. Come la costola di mammuth trovata nel letto dell'Adda, che conserviamo nella sezione paleontologica del museo».

La costola del museo è simile a un «osso appeso nella chiesa di San Bassiano a Pizzighettone — racconta Tentoni —: non è ancora stato analizzato, ma o è di mammuth o di cetaceo, il che ci riporta all'epoca antichissima in cui la pianura Padana era sommersa dal mare». «Un tempo le chiese erano usate come fossero musei, ci venivano messi anche antichi reperti — sottolinea Valerio Ferrari, che conferma —: dalle ossa ritrovate sono sorte molte leggende».

Ma il mito ricorda anche la Tarasque (mostro della tradizione provenzale, ndr) uccisa da Santa Marta. «E forse non è un caso se in molti paesi che si affacciavano sul Gerundo ci siano chiese dedicate a Santa Marta, come a Pandino o a Rivolta d'Adda», assicura Ferrari. Oltre che dalle ossa, le leggende prendevano spunto anche dai miasmi della palude: «Secondo la gente del tempo la puzza era l'alito del drago, mentre i fuochi fatui erano segnale della sua presenza», racconta Silvano Vicardi, presidente dell'Associazione medioevale di Corneliano Bertario, che l'anno scorso in occasione della manifestazione storica che si tiene in paese ogni settembre, ha portato in scena la leggenda del drago. «Il mito del mostro nel lago è comune a molte culture. Si pensi ad esempio a Loch Ness e al suo famoso mostro», sottolinea Ferrari.

La casa di Tarantasio era in realtà un insieme di stagni che si sono originati in un periodo di forte piovosità, tra il 400 e il 750 dopo Cristo. Come ricordano gli studiosi Giancarlo Dossena e Antonio Veggiani, in un articolo apparso su "Insula Fulcheria" nel numero 14 del dicembre 1984, per questi mutamenti climatici le bonifiche fatte dai Romani vennero messe in crisi, anche per l'innalzamento dell'alveo del Po che provocò un grande sovralluvionamento. Furono coinvolti anche i percorsi dell'Adda e del Serio: alla fine si formò una grande zona paludosa, appunto il Lago Gerundo. Valerio Ferrari racconta che «si parla per la prima volta di questa palude nel Codice Diplomatico Laudense del 1204, dove si tratta la permuta di un terreno, di cui si dice che confinava a oriente con la costa e la ripa del Mare Gerundo». Il termine "mare" deriva dal medievale "mara" «che significa palude», suggerisce Ferrari.

«I terreni sono stati bonificati, ma si vedono ancora oggi dei campi a mezzaluna — svela Ferrari —: indicano che in quel punto l'Adda ha modificato il suo percorso, formando paludi». Testimoni della presenza delle paludi sono anche le cronache dell'attività di bonifica dei monaci di Abbadia Cerreto, che dal 1139 si prodigarono per ricavare dalle paludi aree destinate all'agricoltura.

«Dopo la fase di sovralluvionamento altomedioevale ci fu un periodo, tra il 750 e il 1150, con scarse precipitazioni e aumento della temperatura media», scrivono i due studiosi Dossena e Veggiani, raccontando quindi il "periodo caldo medioevale". L'alveo del Po si abbassò, così fecero anche gli altri fiumi, Adda compreso. Il lago Gerundo si svuotò, finché secondo alcuni studiosi, «prima del mille, la vasta plaga occupata dal lago non esisteva più».

Tuttavia, il passato del Gerundo ha lasciato segni e reperti che sono arrivati fino ai nostri giorni. Ad esempio, l'articolo di Dossena e Veggiani ricorda che «nel Museo di Crema si trovano undici piroghe monossili rinvenute, a iniziare dal 1972, nel letti dei fiumi Oglio, Adda e Po». I reperti sono di origine altomedioevale date le loro grandi dimensioni. Di una di queste piroghe si ipotizza che fosse usata tra il 400 e il 750 dopo Cristo, perché è apparsa dopo l'erosione di alcuni depositi alluvionali che contenevano tracce fluviopalustri del Lago. In ogni caso, sia solo un racconto per bambini o uno spunto di studio per scienziati e storici, il lago Gerundo è un elemento essenziale del patrimonio culturale lodigiano.

(di N.P. del Giorno Lodi-Pavia)