Agellum Gomperticum

Ultima modifica 2 maggio 2021

Il nome di Zelo Buon Persico deriva probabilmente dalla corruzione del latino agellum Gomperticum (cioè "piccolo podere di Gomperto").

Secondo alcuni studiosi, la denominazione agellum sarebbe dovuta alla particolare ubicazione del podere in origine, situato già all'epoca del romani tra due grandi proprietà: l'Agrum Martianum (da cui l'odierna Marzano) e l'Agrum Mutianum (oggi Muzzano).
Un primo documento scritto in cui compare il nome di Zelo è del 972, la pergamena originale è andata perduta, e ne esiste solo una copia fatta nel 1500 da Defendente Lodi: questo documento fu decifrato e trascritto, insieme a molti altri, rinvenuti anche nella Biblioteca comunale di Lodi e nell'Archivio di Stato di Milano, dal sacerdote Cesare Vignati, uno storico lodigiano, verso la metà dell'800.
Il Vignati pubblicò poi, tra il 1879 e il 1885, il testo di tutte le pergamene in 3 volumi, che intitolò "Codice Diplomatico Laudense". Si tratta di testi molto vari: contratti, diplomi, testamenti, che coprono un periodo che va dal 759 al 1300.
L'atto dell'anno 972 che ci interessa è firmato dal vescovo di Lodi, Andrea, e dai suoi consiglieri: sono circa 20, tra preti, diaconi e suddiaconi.

Nel documento Andrea concede ai monaci del Monastero Benedettino di S.Pietro presso le mura di Lodi (si tratta di Lodivecchio, cioè dell'antica Laus) l'esenzione dal pagamento delle decime su beni, campi e vigneti che essi avevano nella diocesi: in tutto sono nominati una quarantina di paesi, segno evidente della ricchezza del monastero di Lodivecchio; citati troviamo Mulazzano, Quartiano, Cassino, Paullo, Zelo e Dresano.
Le decime, erano un elemento importantissimo delle entrate ecclesiastiche; teoricamente si trattava di versare alla Chiesa la decima parte del reddito da parte di chiunque ricavasse frutti dal suolo, dalle acque, dall'allevamento degli animali: era un obbligo per tutti i fedeli, che spesso lo pagavano in natura.

Una parte di queste decime era trattenuta dalla chiesa locale, il resto andava al vescovo.
Esistevano decime "straordinarie", diverse da quelle che dovevano essere pagate ogni anno dai fedeli alle Parrocchie e al Vescovo; in questi casi era il Papa stesso che, a seconda dei bisogni della Sede Apostolica, imponeva un tributo straordinario alle Diocesi e alle Parrocchie.
Resta da parlare di Andrea, un vescovo longobardo di nascita, che regge la diocesi di Lodi per più di 30 anni, dal 970 al 1002, e che risulta anche un vero e proprio feudatario, investito di autorità temporale da parte dell'imperatore.

Come abbiamo detto, era il momento in cui gli imperatori tedeschi, per controbilanciare il potere dei feudatari, concedevano ai vescovi tutta una serie di privilegi e cariche: cosi Andrea ottiene da Ottone I e da Ottone II potere sulle mura cittadine e sui mercati, sui boschi, i corsi d'acqua ed i mulini della campagna; il tutto per un raggio di 7 miglia attorno alla città.
In un documento conservato nell'Archivio vescovile di Lodi, nel XII secolo un certo Gompertus. risulta come proprietario di alcuni terreni dell'attuale area comunale di Zelo.
Nell'anno 836. Il nome Agello appare, in un documento redatto a Milano quell'anno, tra le proprietà di uno straniero, di nome Unger, residente a Milano, che dichiara di voler assegnare i suoi beni a Guzone.

Nell'anno 1112, Dolcevita ed Enrico, figli di Amizone de Agello, de civitate Lauda (nel circondario di Lodi) concedono in livello a Ottone e Ambrogio da Cornate alcune terre del vescovado di Lodi, esteso tra Casolate e Galgagnano.

Il 24 marzo 1219, da un atto notarile stilato in tale data risulta che i sindaci, i procuratori, i messi e i consoli, insieme ad altra gente sia di Zelo sia di altri paesi limitrofi guidati da Musso, prete della chiesa di sant'Andrea, vendono al sindaco di Lodi, Gualtiero Dulciano, il castello, trattenendone solo una piccola parte come proprietà del monastero di san Simpliciano, per il prezzo di cento lire. L'atto è stipulato e affrancato dal notalo Anselmo Maroesio, alla presenza di cinque testimoni.

Questo documento attesta quindi, da un lato, l'importanza del castello di Zelo e, dall'altro, una certa influenza raggiunta dalla comunità zelasca nei confronti dei paesi del dintorni.
Nell'anno 1261, la chiesa di Sant'Andrea di Zelo e il monastero di Santa Maria devono pagare al legato pontificio Guala una decima "straordinaria" rispettivamente di tre soldi e mezzo e tre soldi, questa è la richiesta di un contributo per finanziare la guerra che il Papa stava conducendo in quegli anni contro Manfredi, re di Sicilia.

Non è chiaro chi fosse il papa che aveva ordinato la raccolta: nel 1261, infatti, muore Alessandro IV (25.03.1261) ed è eletto Urbano IV (4.09.1261). Dopo la frase iniziale "Haec talia domini Gualae notarti et legati domini Papae, MCCLXI " (traduzione: "Questa è la tassa del notaio Guala, legato del Papa, anno 1261"), il documento nomina circa 180 tra chiese, Ospedali e monasteri del lodigiano, con tasse diverse, maggiori per le istituzioni più importanti.
Nell'anno 1493, gli zelaschi assegnano all'ordine dei domenicani la chiesa di San Pietro, da poco eretta sul luogo in cui in precedenza sorgeva il monastero di Santa Maria, con tredici pertiche di terra come rendita.
Nell'anno 1500, il beneficio parrocchiale della chiesa di Sant'Andrea viene elevato a commenda a favore della famiglia Barni di Lodi. Anno 1502. Zelo viene saccheggiato di passaggio dalle truppe francesi di Carlo VIII, in marcia di trasferimento da Milano a Napoli.
Il 10 aprile 1509, nel corso della guerra tra Francia e Ducato di Milano contro la Repubblica di Venezia, viene catturata a Zelo una spia veneta, che sarà poi condotta a Lodi, processata e impiccata
11 19 aprile settembre 1521, una compagnia di guasconi, facenti parte delle truppe francesi, devasta alcuni paesi del Paullese, tra cui Zelo.
Nell'anno 1546, il feudo di Zelo viene ceduto al principi Tassis che lo conservano fino all'estinzione dei feudi nel 1782. La famiglia Tassis aveva ottenuto la cittadinanza milanese fin dal 1457 da parte di Francesco Sforza I